Funzionario allo sportello

Quanto è irritante sentirsi dire «cercalo su Google»

Giorni fa ho aiutato un’amica per il disbrigo di alcune pratiche. Per accelerare i tempi, le ho proposto di utilizzare i canali informatici.

Addentiamo quindi lo Spid, il servizio di identità digitale, ormai indispensabile per accedere ai vari settori della pubblica amministrazione. Memore della mia attivazione, tre anni fa, risolta senza intoppi, ignoravo che attualmente la tempistica sia più lunga e macchinosa: serve effettuare l’autenticazione attraverso una videochiamata e la mia amica non dispone del tempo e della dimestichezza necessari.

Le suggerisco quindi, positivo e fiducioso, di provarci con Poste Italiane.

Odissea. Gironi Danteschi. Il giro del mondo in 80 giorni.

Premetto che anche io non sono stato molto attento nel leggere le operazioni propedeutiche, fiducioso che il lavoratore allo sportello avrebbe comunque gestito la semplice pratica: in fondo si tratta solo di una autenticazione.
E invece, la lapidaria risposta: «Non può attivare Spid allo sportello, deve prima cercare su Google». Avrei forse capito più un «Si colleghi al sito PosteItaliane e cerchi "Attivazione Spid”».

No. Il consiglio è stato proprio «Deve prima cercare su Google».
E va bene, cerchiamo su mister G. Anzi, mi collego direttamente al sito delle poste, procedo con l’inserimento dei dati e scelgo l’autenticazione allo sportello (il sito indica 15 minuti circa).
La mia amica torna all’ufficio postale speranzosa di risolvere e le viene detto che per effettuare l’attivazione Spid avrebbe dovuto necessariamente prenotarsi dall’apposita applicazione.

Ma come? Ma glielo dici adesso? Era troppo impegnativo dirlo direttamente al primo rifiuto? E questa informazione sul sito dove sta scritta?
Mi rendo conto di stare imboccando la strada della generalizzazione, di stare facendo di tutt’erba un fascio. So anche che esistono tanti dipendenti coscienziosi, che svolgono diligentemente il compito di interfacciarsi con il pubblico, aiutano il cliente, si fanno carico delle difficoltà incontrate. Si chiama empatia. Ma purtroppo per la categoria, dove costoro sono certo in maggioranza, basta un singolo prevaricatore che subito affiorano le considerazioni antipatiche sugli impiegati pubblici.

Mi vergogno anche alla sola idea di passare per un Brunetta qualsiasi, ma i pensieri che mi salgono di fronte a questo tipo di atteggiamento sono del tipo che tanto “loro” hanno il lavoro garantito anche se lo svolgono male, che possono permettersi di fare i lavativi perché tanto ci sarà sempre qualcuno che fronteggerà al loro posto le giustificate lamentele dei poveri utenti.
Ricordo di aver avuto a che fare con dipendenti comunali - il paese non lo rivelo - assolutamente incapaci a utilizzare il computer per qualsiasi operazione. E segretari comunali che hanno dovuto minacciare pesanti interventi disciplinari, addirittura il licenziamento per giusta causa, per obbligarli a seguire i corsi di aggiornamento per l’utilizzo dei supporti informatici.

In un mondo che, complice anche l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, si sta spostando sempre di più sulla rete, è insopportabile che tra i pochi lavoratori in carne e ossa rimasti agli sportelli a trattare quotidianamente con gli utenti, ne esistano di semplicemente incapaci a gestire un qualsiasi rapporto umano, oltre che a fornire aiuto efficace per l’utilizzo di strumenti nuovi.
E questo è un ambito dove si gioca una delle partite più importanti, perché saremo sempre più vecchi, e difficilmente molti di noi svilupperanno capacità digitali tali da snellire significativamente il lavoro degli operatori allo sportello.

Quindi, caro impiegato, davvero, non rimandare a Google ciò che potresti risolvere tu con l’utente che hai davanti: diversamente non ci guadagni nulla perché tanto avrai tempi sempre più brevi per sbrigare un numero di pratiche sempre più elevato. Se non ci credi cercalo su Google.

Giuseppe Diana © Riproduzione riservata


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