Sardegna - Perché gli elettori non potevano fare finta di nulla
Ha vinto la memoria degli elettori.
Certo pochi, come ormai fa tristezza constatare a ogni chiamata alle urne. Pochi ma attenti. Vigili sul tipo di futuro da scegliere e convinti circa il recente passato da rifiutare.
Ciò che è accaduto in queste elezioni regionali è che la maggioranza di chi si è recato alle urne ha portato con sé in cabina un personale ricordo dal quale prendere le distanze. Un souvenir che non facesse velocemente dimenticare di quanta incompetenza, pressapochismo e scarsità di investimento nel futuro sia stato capace il governo della Sardegna in questi ultimi cinque anni.
Non dimenticarselo nemmeno davanti alla trovata geniale del centrodestra che ha collocato alla guida della sua granitica coalizione Paolo Truzzu, testa d'ariete dell'alleanza, fortemente voluto (imposto?) dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in sostituzione di un ormai esautorato Christian Solinas (con buona pace di Matteo Salvini). Cambiare le carte in tavola all'ultimo momento, togliendo di mezzo chi aveva tenuto le redini dell'Isola per cinque anni è stata una mossa abile, spiazzante. Faceva affidamento sulla presunta scarsa memoria dei sardi, ai quali si stava cercando di servire una minestra riscaldata facendola passare per un piatto succulento.
Non ha funzionato. Forse avrebbe avuto più senso dire: «chi c'era prima ha governato non proprio benissimo, ma vi chiediamo fiducia per queste facce nuove che abbiamo candidato, perché non commettano più gli stessi errori». Sarebbe stato qualcosa di davvero nuovo, forse attraente. Invece si è pensato di sostituire uno dei presidenti di Regione con l'indice di gradimento più basso nel Paese con un sindaco di paragonabile apprezzamento: possibile che un centrodestra solidamente alla guida dell'Italia non sia riuscito a trovare un'altra figura, più spendibile per la Sardegna?
Spendibile, e quindi prescelta dalla maggioranza dei votanti, si è dimostrata invece la vincitrice, Todde, una donna che ha saputo unire buona parte dell'arcipelago frastagliato del centrosinistra. Buona parte ma non tutto: la vittoria con il testa a testa sul filo di lana trova proprio motivo in quel quasi 10 per cento che rappresenta l'arcipelago attiguo, quello che scegliendo di correre ostinatamente in solitario ha dimostrato invece scarso esercizio di memoria.
Il voto elettorale è il seme della democrazia e da questa sintesi esce una nuova pagina tutta da scrivere: per la prima volta in Sardegna con calligrafia femminile. Dopo quasi dieci anni (non accadeva in Italia dal 2015) la scriverà un centrosinistra che ha strappato una regione in cui il presidente uscente era di centrodestra.
E chissà che la nuova pagina da scrivere, oltre a occuparsi di sanità, trasporti, scuola e tutto quanto abbiamo sentito in questo ultimo mese dai vari candidati, non possa dire la sua anche su una legge elettorale che ha mostrato ancora una volta di essere stata fatta con i piedi. Migliorandola: magari riconoscendo una maggiore quota proporzionale che dia visibilità in Consiglio regionale a chi supera almeno il 5 per cento dei voti e, soprattutto, che preveda un doppio turno. Sì, perché così gli scontenti degli schieramenti principali (ce ne saranno sempre), potranno in seconda battuta dare il loro appoggio al presidente che ritengono sia il meno peggio, facendolo in modo limpido e non ricorrendo al voto disgiunto: uno strumento carbonaro che ricorda più gli agguati dietro ai muretti a secco che non un'opzione elettorale democratica.
Marco Cazzaniga (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) © Riproduzione riservata
Immagine in evidenza: Alessandra Todde a notte fonda annuncia pubblicamente la sua vittoria elettorale alle elezioni regionali sarde del 2024