Gonnosfanadiga,Guspini,Terramaistus

 Gonnosfanadiga - Guspini - L'inopportuno trionfalismo alla riapertura del ponte sulla 196

Ieri, nel giorno dedicato alla rievocazione della via Crucis, è stata restituita ai cittadini la principale via di comunicazione che collega Gonnosfanadiga e Guspini: ogni riferimento al calvario patito dagli utenti è puramente casuale.

La strada era stata chiusa per lavori di risanamento del ponte sul rio Terramaistus il 12 ottobre 2020. I lavori, come recita ancora il cartello del cantiere, erano iniziati il 3 giugno 2020. Ventitrè mesi fa. Novantotto settimane. Seicentottantuno giorni.

Ci saremmo aspettati, alla sua riapertura, se non proprio delle scuse, quantomeno un rispettoso silenzio. Qualcosa di riconciliante, del tipo: «i lavori sono finiti, andate in pace».
Invece gli annunci reboanti di entusiasmo e trionfalismo hanno anticipato la riapertura della 196, con la grazia di uno schiaffo alla decenza.

Mercoledì 13 aprile, in un comunicato stampa della Regione Sardegna, mai intervenuta in diciannove mesi sulla vicenda del ponte chiuso e sui danni arrecati alle comunità confinanti, l’assessore ai Lavori pubblici, Aldo Salaris, annunciava: «Verrà inaugurato venerdì, in maniera tale da garantirne la fruibilità del tratto prima delle festività pasquali, il ponte ad arco Terramaistus al Km 41+532 della Ss.196 "Di Villacidro" che collega il comune di Guspini con quello di Gonnosfanadiga».

Come se il problema sofferto dalle due comunità separate da anni per via di un ponte in riparazione fosse quello di raggiungersi agevolmente nel giorno di Pasqua: forse per potersi scambiare auguri, uova e colombe?

Il comunicato continuava poi in un florilegio di retorica grottesca: «Continua l’impegno della Regione finalizzato ad ammodernare le infrastrutture viarie, compresi ponti e viadotti sui quali concentriamo attenzione e risorse». E via, lodandosi.

Il secondo pensiero che mi è balzato in mente leggendo queste parole (il primo non è riportabile) è stato: «chissà se non si fossero impegnati». Il terzo: «chissà che sarebbe successo se non avessero concentrato attenzione e risorse».

Questo per quanto riguarda la Regione. 
Poi, c'è un'altra propaganda demagogica, a base di toni trionfalistici di chi pur essendo intervenuto nella vicenda abbondantemente in zona Cesarini ha voluto fare credere di avere giocato un ruolo decisivo per tutta la partita in cui la strada è stata chiusa, raccontando che i lavori sono finalmente terminati, in pochi mesi, grazie al suo intervento. E qualcuno ci crederà, non solo tra i terrapiattisti.

Impotenti e rabboniti dalle continue promesse (rivelatesi da marinaio) di Anas, i due sindaci, Floris e De Fanti, non avrebbero potuto incidere più di quanto hanno potuto fare: probabilmente nemmeno incatenandosi per protesta ai cancelli del cantiere.

Anas da parte sua, in questi giorni si è limitata agli annunci tecnici, elencando il dettaglio degli interventi effettuati: non una parola sui tempi, clamorosamente sfuggiti di mano: cinque i rinvii che si sono susseguiti, ognuno con una data di scadenza annunciata e non rispettata.

Sicuramente le lungaggini avranno avuto tra le cause anche motivazioni tecniche, criticità progettuali e ingegneristiche tali da giustificare una parte del ritardo accumulato. Come sempre il lavoro, ogni tipo di lavoro, può riservare qualche sorpresa imprevista o imprevedibile, ma nulla di tutto questo potrà mai giustificare un ritardo così clamoroso, intollerabile per un'arteria stradale così importante.

E soprattutto, quando c'è di mezzo il bene pubblico, a fronte di criticità estreme si ha il dovere di intervenire con soluzioni altrettanto eccezionali.
Non è avvenuto: questo è il danno. Ci si risparmi almeno la beffa della demagogia.

Marco Cazzaniga (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) © Riproduzione riservata

 

 

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