Adelmo Cervi a San Gavino

 San Gavino - Presentato ieri sera, all'iniziativa dell'Anpi, il libro di Adelmo Cervi

Praticare la memoria per non ricadere nei mali del passato: I miei sette padri è la storia di una lotta per la libertà dal fascismo, dalla sopraffazione e dall’arroganza di un regime dittatoriale vile e ingiusto. Il libro racconta la Resistenza dei sette fratelli Cervi, brutalmente assassinati il 28 dicembre del 1943 da un plotone di esecuzione fascista nel poligono di tiro di Reggio Emilia.

Ieri sera, organizzato dall'Anpi Medio Campidano in collaborazione con il Circolo letterario Joyce Lussu di Villacidro, l'incontro che ha ospitato Adelmo Cervi, l’autore di I miei sette padri. Hanno introdotto la serata, nella sede della Pro Loco di San Gavino, il sindaco Carlo Tomasi e il presidente dell’Anpi Medio Campidano Carlo Marras.

Adelmo Cervi ha offerto ai numerosi presenti un racconto ricco di storia, dolore, commozione e fierezza. Dialogando con il giornalista Lorenzo Argiolas, l'autore ha ricordato le vicende più dolorose della sua vita con lo spirito di chi non si è arreso e ha trasformato il lutto in passione, amore e solidarietà umana.

Figlio del terzogenito Aldo Cervi, Adelmo aveva appena compiuto quattro mesi quando suo padre fu assassinato. Nella sua narrazione ha rivissuto una delle più significative vicende della Resistenza italiana con l’intento di diffondere gli ideali di libertà che hanno animato le vite dei suoi avi contro la sopraffazione del capitalismo e le ingiustizie perpetrate dal regime fascista.


Patriottismo, cultura, fratellanza e amore per la famiglia erano i valori che il giovane contadino Aldo Cervi aveva avuto modo di approfondire durante il periodo di prigionia scontato nel carcere di Gaeta. «Quell’ingiusta carcerazione - ha raccontato Adelmo Cervi - fu l’occasione in cui mio padre maturò l’idea di opporsi fermamente al regime. Gli anni successivi furono densi di lotte, che procurarono enormi difficoltà alla nostra famiglia. Tuttavia - ha precisato Cervi - ritengo che i miei cari non siano stati eroi, ma semplici contadini che amavano la vita e lottarono per difenderla e per aiutare i più bisognosi, perché questo significa essere antifascisti».

Convinto nemico del capitalismo, l’autore ha denunciato con fermezza i soprusi subiti dai suoi cari, le violenze fisiche e l’incendio della casa di sua nonna. «Mia nonna Genoeffa - ha detto Cervi - è mancata nemmeno un anno dopo l’uccisione dei suoi figli. Le donne, spesso poco citate, ebbero un ruolo cruciale nella lotta partigiana. Lei, mia madre e le mie zie - ha proseguito l’autore - si fecero carico dell’enorme responsabilità di raccogliere le nostre vite in frantumi e darci nuove speranze».

L’esperienza di Adelmo Cervi è un monito a non arrendersi, a praticare la fratellanza e sconfiggere la crudeltà e le disparità sociali.
Il 25 aprile, in occasione dell’anniversario della Liberazione, Adelmo Cervi è solito ricordare le vicende dolorose che hanno segnato la sua esistenza, ma sopratutto celebrare, insieme a tanti giovani, l’opportunità di contribuire alla creazione di un mondo migliore, che ripudi la guerra, la povertà e lo sfruttamento.

Alla presentazione del libro ha fatto seguito la proiezione del docufilm omonimo, I miei sette padri, realizzato dalla regista Liviana Davì.

Adelmo Cervi si è poi intrattenuto con i presenti per offrire loro un assaggio di Pastasciutta antifascista, una tradizione nata ancora prima della Liberazione, divenuta oggi un piatto simbolo delle celebrazioni partigiane.

Alessia Caddeo (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) © Riproduzione riservata

Immagine in evidenza: un momento della presentazione di ieri sera a San Gavino (da sinistra: Carlo Marras, Adelmo Cervi e Lorenzo Argiolas)

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