Il mio cuore è un rovo

 San Gavino  Pubblico rapito dalla performance artistica di Emanuela Cruccu

Rappresentata ieri, nella piazza del Mercato Civico di San Gavino Monreale in via Santa Croce, la performance Il mio cuore è un rovo e i tuoi occhi sono aghi, di Emanuela Cruccu, presentato dal C’entro di San Gavino Monreale, dell’Associazione Culturale Skizzo, nella serata dedicata alla sensibilizzazione sulla prevenzione del tumore al seno.

L’arte di Emanuela Cruccu, trentunenne di San Gavino Monreale, racconta la storia di una confidenza reale, quella di due uomini che, con le loro voci, si cercano come mani nella notte, inseguendo una via d’uscita di libertà, tra grida mute e disperate, eppure assordanti. È il ricordo di un incontro veloce, carico, forte e doloroso come l’ago che si insinua nelle trame del tessuto per intrappolarne parole che si stagliano di fronte agli occhi di tutti.

Ha l’aspetto di un altare sacrificale l’ambiente che si presenta agli occhi del pubblico. È candido, immobile ma in movimento a causa delle onde leggere dei tessuti accarezzate dal vento, che strisciano sul pavimento, oltre le scale, fino a noi. Gli occhi si sollevano e appare una narrazione silenziosa, divisa in quattro teli grezzi in cui sono ricamate, di rosso rovente, momenti di un’unica storia. Quello che potrebbe essere stato un amore ma che è certezza di non possibilità, che annega nel ricordo di mani fugaci, occhi nascosti, respiri nei respiri, che può vivere solo nella difficoltà del ricordo, dell’incontro di spalle di due cuori trafitti. Di un incontro durato un istante in cui ci si parla, eppure non ci si sente, in una comunicazione lenta, diversamente orientata, impossibile.

“Respiri, respiri di marzo, respiri di pioggia, respiri lunghi e bagnati, respiri pungenti, quasi assassini. Non c’è posto per me, non c’è posto per te, non c’è posto per noi, qui; tutte le case disabitate non possono accoglierci, ci sbattono in faccia le loro porte, sbriciolano i loro muri sopra i nostri corpi”.

L’opera Il mio cuore è un rovo e i tuoi occhi sono aghi arriva al pubblico con più linguaggi: sullo sfondo delle tele ricamate, il ballerino Luca Cappai ci guida nella narrazione orientando i movimenti del corpo, prima leggeri, poi convulsi, esplodendo e rappresentando le parole che i due non si dicono, non si possono dire, non sentono dirsi.


Sono voci diverse che parlano, in solitaria, in tempi e luoghi distanti, mentre quell’anima che danza, vestito di bianco come è bianco lo sfondo, scalzo, ripercorre i momenti, si orienta tra quelle parole sospese e pesanti, finché non si sovrappongono in una non-comunicazione che non lascia altro spazio se non per il dolore. È il filo rosso del gomitolo che il ballerino prende in mano, dipana, intreccia all’ambiente e a sé stesso, divenendo primaria rappresentazione di ciò che le tele raccontano, finché non è più possibile muoversi, finché gli occhi di uno pugnalano il cuore di rovo dell’altro. Cappai raccoglie gli spilli aggrappati alle tele e con le sue stesse mani trafigge il cuore, pulsante, bruciante, vivo, che quei fili li ha sparsi come un labirinto senza uscita. Ci porge quel cuore e lo abbandona davanti ai nostri occhi, ora che non ha più vita, ora che perisce e giace immobile, bianco nel bianco, intorno al rosso. Nel silenzio di un amore che muore.

“E ancora, e ancora, spine dentro, spine fuori, spine incollate che non si arrendono al calore. Ora cadono e soffocano, perché hanno perso il respiro. Ci muoviamo lenti, ci tocchiamo, ci perdiamo, in quest’oceano di istinti. Prendi, adesso, questo ricordo fatto di cotone, questo ricordo di parole dette, di parole ormai già vissute. Siamo incatenati da questo filo dalle trame rosse; rosso scuro, rosso che stona con i tramonti, rosso d’amore perduto. Guardami, fermati, non strapparlo, perché anche se ci stringe, ci unisce”.

In un’eredità artistica che ripercorre le tessiture e le tele di Maria Lai, l’artista unisce, nel medesimo spazio e nel medesimo tempo, più narrazioni e più livelli di significato, in un’arte vera, reale, strutturata, che dura il tempo di una performance, ma perdura. Emanuela Cruccu raggiunge nuove vette di significato unendo alla danza di Luca Cappai le voci di Michele Matzeu, Danilo Schirru e Antonio Marras: lo stilista è legato all’artista da una profondissima amicizia e affinità d’animo.

L’evento, ha riunito un vasto e silenzioso pubblico, attonito davanti alla forza dirompente della performance, rendendo evidente come nella realtà sangavinese siano numerose e forti le voci di chi ha qualcosa da regalare a chi sa, nel profondo, cogliere.
L’artista Emanuela Cruccu è sicuramente una delle più significative.

Martina Cruccu © Riproduzione riservata

Immagine in evidenza e seguenti: Emanuela Cruccu e Luca Cappai in alcuni momenti della rappresentazione (Foto Giorgia Casti)

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