Alberto Murgia

 Villacidro - L'intervista all'avventuroso diciannovenne: «Serve maggiore rispetto per i ciclisti »

Giovedì della scorsa settimana Alberto Murgia ha percorso gli ultimi chilometri che hanno chiuso il suo fantastico giro in bicicletta: da Villacidro a Capo Nord e ritorno, sfidando i ghiacci e il freddo polare dell'inverno artico.

Era partito il 2 ottobre da Villacidro, il 28 dicembre aveva raggiunto Capo Nord e pochi giorni fa ha fatto rientro nel suo paese: in mezzo un'Europa attraversata con due diversi itinerari in andata e ritorno, varcando i confini di ben 16 Stati.

Abbiamo scambiato con lui alcune impressioni su questa avventura, che certamente non potrà dimenticare per tutto il resto della sua vita


Com'è nata l'idea di una sfida tanto impegnativa?

«Volevo mettermi alla prova in un viaggio ambientato in inverno, quello vero, considerato che da noi, in Sardegna, è una stagione tutto sommato abbastanza mite. Mi piace il freddo, anche a Villacidro sto sempre in maniche corte, però volevo vedere da vicino come si stava in uno dei posti più freddi al mondo, facendo esperienza con ghiaccio e neve. Per fare questo mi sono molto preparato prima della partenza, sia documentandomi e studiando, sia lavorando sul piano mentale. Mi sono portato in bici tutta l'attrezzatura che mi ha poi consentito di pedalare in sicurezza con ogni circostanza meteorologica e di dormire e cucinare in tenda, per essere completamente autonomo».

È nuovo a questo tipo di avventure?

«Questo è stato il viaggio più impegnativo, e il primo fatto in bicicletta. Però mi è sempre piaciuto fare trekking, arrampicate, stare immerso nella natura, dormire in tenda. Ho cominciato a effettuare escursioni a piedi, dapprima nei dintorni di Villacidro, poi ho effettuato diversi giri in Sardegna, Corsica e già Norvegia, due anni fa, sempre camminando.  Prima d'ora la bicicletta la usavo per fare qualche commissione in paese o per recarmi sui punti di partenza delle escursioni, a Villacidro: l'ho sempre insomma utilizzata come un semplice mezzo di trasporto.

C'è stato qualche momento di sconforto, dove si è fatta sentire la tentazione di mollare tutto?

«Certamente non sono mancati alcuni momenti particolarmente difficili, e a volte ho provato anche dello sconforto. Però non ho mai pensato di abbandonare perché la sola idea di riuscire a superare la difficoltà mi restituiva come ricompensa ulteriori energie e convinzione per superare nuovi imprevisti. Se anche mi fosse venuto in mente di salire su un treno per alleggerire la fatica, non sarei riuscito a metterci piede, perché la mia convinzione non me lo avrebbe consentito. Le esperienze più difficili e i momenti di sconforto servono anche per evitare determinate situazioni».


Qual è stato il momento più critico che ha incontrato?

«Credo sia stato quando stavo attraversando una zona di montagna al confine tra la Finlandia e la Norvegia: ho deciso di avventurarmi anche se le condizioni meteo non erano ottimali e sono finito in una tempesta di neve fortissima, con un intensissimo vento contrario. Vedevo a non più di un metro da me, il resto era solo buio e vento. Ero in una zona aperta, senza alcun villaggio, dove non non potevo trovare riparo per fermarmi, sarebbe stato pericoloso: ho dovuto per forza proseguire ed è stato il giorno un po' duro».

Solo, in sella alla bici a pedalare: avrà avuto parecchio tempo per pensare...

«Certamente, normalmente i pensieri vagavano tra i ricordi di casa e ciò che avrei fatto dopo il viaggio. Però quasi sempre la mente è stata assorbita da altro: stare attento alla strada e alle insidie del tempo, pensare a dove e come piazzare la tenda».

Dopo 7mila chilometri circa per raggiungere Capo Nord e circa 6mila per tornare a Villacidro, con ben 16 Paesi europei attraversati, può indicare dove sono maggiormente rispettati i ciclisti?

Il paese peggiore per chi viaggia in bicicletta è sicuramente l'Italia, il migliore, e non me lo aspettavo, la Slovenia. Il problema è come viene percepito il ciclista dagli altri utenti della strada. In Norvegia, per esempio, in una strada in salita e con molte curve, con il fondo tutto ghiacciato, avevo dietro di me un camion che viaggiava mantenendo il mio passo, per evitare di sorpassarmi e mettermi a rischio. In Italia, dopo Bologna, su una strada pianeggiante e anche abbastanza larga, un camionista si è attaccato al clacson, per costringermi a spostarmi: mi sono dovuto fermare a lato ed è passato sfiorandomi pericolosamente. Il problema della sicurezza in Italia non è solo dovuto alla carenza di piste ciclabili, ma anche del mancato rispetto per le poche che ci sono: tenute generalmente in cattivo stato di manutenzione, o addirittura ingombre di auto parcheggiate sopra. Serve un grosso lavoro culturale per fare capire che il ciclista va rispettato.

Marco Cazzaniga (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) © Riproduzione riservata

Immagine in evidenza: Alberto Murgia al suo arrivo a Villacidro.

Immagini seguenti: alcune tappe salienti del viaggio che lo ha portato a Capo Nord in pieno inverno e alcuni particolari della bici

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