Domenico Scanu

 Villacidro  Presentati ieri dal presidente Isde i dati della mortalità in Sardegna

Sono dati che allarmano e che gli amministratori del territorio - ieri del tutto assenti - farebbero bene a tenere in debita considerazione, quelli presentati ieri a Villacidro dal dottor Domenico Scanu, presidente di Isde Sardegna (Associazione Italiana Medici per l’Ambiente), in un incontro organizzato dal Comitato Casa della Salute.

Si è trattato di una presentazione preliminare di alcuni dati dello studio epidemiologico La mortalità in Sardegna nel periodo 2012-2017 prodotto da Isde. Scanu ha posto l'accento sulla significatività di alcuni spunti emersi dallo studio, che valutato a livello globale restituirebbe un'immagine positiva dello stato di salute isolana: gli indici di mortalità sono in linea con quelli nazionali per gli uomini e addirittura inferiori per le donne.

Come accade per ogni studio, tuttavia, i dati e le risultanze sono più complessi delle loro somme, e così, in un'esposizione durata oltre due ore, Domenico Scanu ha messo a fuoco diversi elementi che illustrano come in realtà lo stato di salute dei sardi non corrisponda esattamente alle narrazioni retoriche e autocelebrative sull'isola dei centenari.

Numeri alla mano, esistono evidenze statistiche che definiscono una particolare incidenza di alcune cause di mortalità legate a determinati territori. Sono perlopiù quelli interessati da attività inquinanti, distribuiti un po' in tutta l’Isola, da nord a sud. Sono i Siti di interesse nazionale per le bonifiche (Sin) e Siti d’interesse regionale (Sir): aree caratterizzate da fonti di inquinamento industriale e militare, ma dove anche gli impatti ambientali causati dalle coltivazioni intensive e delle scelte energetiche incidono in modo profondo. Tutte attività nate e tenute in vita unicamente da considerazioni di tipo commerciale e finanziario, senza valutare i costi indotti che avrebbero (hanno) generato, in termini di salute pubblica e di benessere.


In questa ottica Villacidro è paradigmatica: il suo recente passato di effimera industrializzazione ha lasciato in eredità siti da bonificare, fabbriche dismesse e dischariche di rifiuti. I decessi, complessivamente sono il 13,1% più alti rispetto alla media regionale, ma i dati dicono altro. E sono allarmanti su alcune tipologie di mortalità: in eccesso, per entrambi i generi le morti per cause mal definite e malattie infettive, per cause esterne (accidenti, suicidi, ecc.) nei maschi e per malattie dell’apparato digerente (cirrosi, fibrosi ed epatite cronica) ed endocrine, nutrizionali e metaboliche (diabete mellito) nelle femmine.

Si registra un 90% in più di morti per malattie infettive, in buona parte rappresentate da epatite virale. Per la popolazione femminile c'è un 250,4% in più rispetto alla media sarda di tumori al fegato e ai dotti biliari e un 185,7% in più di leucemie. Ai dati analitici si aggiunge un 175,5% di eccesso, per entrambi i generi, di morti per cause mal definite, vale a dire quelle che non vengono puntualmente annoverate tra le altre cause specifiche, e che potrebbero, se meglio indagate, rivelare ulteriori scenari allarmanti.

L'indagine è stata condotta sulla base di dati Istat, rielaborati e analizzati per genere ed età delle cause di morte, per ogni territorio di residenza.

Domenico Scanu ha ricordato l'importanza di studi di questo tipo: «i risultati dell’indagine epidemiologica sono indispensabili per creare maggiore consapevolezza tra le comunità e nello stesso tempo devono essere strumento per restituire la centralità alla salute nelle scelte economiche e politiche dei governi e delle amministrazioni locali».

Marco Cazzaniga (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) © Riproduzione riservata

Immagine in evidenza: Domenico Scanu durante la presentazione dello studio "La mortalità in Sardegna nel periodo 2012-2017"

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