Elezioni regionali, Alessandra Todde

 Elezioni regionali - Sette domande alla candidata della coalizione di centrosinistra

Alessandra Todde, nata a Nuoro nel 1969, è candidata alla presidenza della Regione con la coalizione di centrosinistra formata da 10 liste: Pd, M5S-A Innantis, Progressisti, Alleanza Verdi Sinistra, Uniti per Alessandra Todde, Sinistra Futura, Psi-Sardi in Europa, Fortza Paris, Orizzonte Comune e Demos.

Cosa si aspettano i sardi dal prossimo governo regionale dopo i cinque anni guidati dal governatore Solinas?

«Il cambiamento radicale. La Sardegna è stata governata malissimo, sia per come hanno trattato i sardi, sia per come stanno lasciando la nostra terra. Solinas ha piegato un partito storico e identitario come il Partito Sardo d'Azione alla volontà della Lega Nord di Salvini. Noi vogliamo rimettere al centro le persone».

Il territorio del Medio Campidano è in coda alle statistiche per reddito pro capite e indicatori di qualità della vita: come invertire la tendenza?

«Dobbiamo rilanciare l’agricoltura e parlare di continuità delle merci. Pensiamo, per esempio, alla questione energetica. Oggi siamo davanti a un bivio: o si viaggia verso una ripresa oppure si decreta la morte economica e sociale di un intero territorio».

I cittadini sardi stanno vedendo giorno dopo giorno dissolversi il sistema sanitario pubblico. Cosa intende fare, concretamente, per garantire un vero diritto alla salute per tutti?

«Il privato non può sostituire il pubblico. Bisogna riorganizzare il sistema dei pronto soccorso, gravati dalla mancanza di servizi territoriali, ripristinare il registro dei tumori e avere un ospedale pediatrico. Dobbiamo modificare il Centro unico di prenotazione e le persone devono essere prese in carico nei territori. In Sardegna c’è grande carenza di medici di base quindi dobbiamo incentivare una struttura che possa prendere in carico la parte burocratica. Bisognerebbe aumentare le retribuzioni, intervenire su formazione e progressione delle carriere, con maggiore trasparenza nei concorsi e prospettive per il personale».


Problema trasporti: oltre a non fruire, come per gli altri sardi, di una vera continuità territoriale, il Medio Campidano vive un'enorme carenza di trasporto pubblico, che condanna all'isolamento molti suoi territori. Qual è la sua visione per risolvere questa enorme criticità?

«Basta con i cantieri fermi, iniziati e mai finiti; bisogna ridefinire un Piano strategico delle Infrastrutture e i criteri di servizio di trasporto pubblico. Per esempio, per gli studenti e per chi viaggia per lavoro, troppo spesso vittime di condizioni vergognose che impediscono la mobilità interna».

La Costa Verde è "lo sbocco al mare" del Medio Campidano: quali prospettive di sviluppo vede per un territorio dove il turismo non è ancora un modello economico praticabile?

«Vogliamo integrare la tutela ambientale con le politiche di sviluppo sostenibile, promuovendo la produzione e il consumo locali e coinvolgendo attivamente comunità e istituzioni. Quello che non ha fatto la Regione è il Destination Management Organizations (gestione coordinata di tutti gli elementi che compongono una destinazione, ndr) per un’offerta turistica integrata».

Se arrivasse a guidare questa regione, come si porebbe nei confronti del taglio delle autonomie scolastiche?

«Sono stata l’unica candidata a partecipare al presidio, organizzato dalle sigle sindacali fuori dal Palazzo Regionale di Cagliari, contro il taglio delle autonomie scolastiche che colpisce tutta la Sardegna. La Sardegna è tra le poche a non avere impugnato la legge sulle autonomie scolastiche. Il nuovo Piano di Dimensionamento Scolastico del governo Meloni obbligherà la Sardegna a ridurre le sue autonomie scolastiche e causerà l'accorpamento e la chiusura delle scuole con meno di 900 studenti. La nostra rivoluzione parte dalla conoscenza, dalla cultura e dalla difesa della scuola pubblica».

Uno dei punti centrali del programma del Campo largo è la cultura. Come intendete investire in questo ambito, tenendo conto delle esigenze dei piccoli centri?

«Nell’ultimo bilancio ci sono appena 30 milioni per le imprese culturali: servono incentivi e delle reali politiche culturali. Noi abbiamo in mente la rete delle piccole scuole: mettere comunità piccole nelle condizioni di avere un’istruzione pubblica pari a quella delle città più grandi».

Valentina Frau (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) © Riproduzione riservata

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