Scuola

 Sardegna, Italia - Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera sul tema degli insegnanti

In Italia c’è una categoria di lavoratori di cui si parla sempre in maniera sostanzialmente negativa e che poi ogni tanto assurge agli onori della cronaca. Sto parlando degli insegnanti.

Per ogni nuovo governo che si insedia, all’atto della presentazione del programma, in Parlamento, l’argomento scuola è sempre considerato elemento centrale nei programmi governativi e ci si prefigge sempre un miglioramento delle strutture e soprattutto un giusto riconoscimento economico a chi opera in quel settore. Poi, la legislatura prosegue , il governo deve affrontare mille emergenze e mille difficoltà improvvise e il tutto, puntualmente, viene dimenticato.

Per un certo tipo di opinione pubblica poi gli insegnanti sono quelli che lavorano solamente 18 ore alla settimana, sono statali per cui percepiscono uno stipendio sicuro, non hanno tanta voglia di lavorare, non sono tanto preparati e soprattutto godono, unici nel panorama lavorativo italiano, di tre mesi di vacanza.

In questa terribile pandemia, poi, sono rimasti a casa a fare la Dad (didattica a distanza) con tutti i benefici di starsene beatamente tra le proprie mura e, a differenza di molti altri lavoratori, di percepire anche un lauto stipendio.

Il guaio è che talvolta questi discorsi non sono solamente chiacchere da bar, o da autobus ma sono pronunciati da autorevoli personalità pubbliche come giornalisti o, peggio, rappresentanti politici.

Ma andiamo con ordine. Cominciamo a parlare delle 18 ore di lavoro a settimana. Ebbene queste non sono 18 ore di lavoro a settimana ma bensì sono 18 ore di insegnamento in classe, che sono due cose completamente diverse. Alle ore di insegnamento vanno infatti aggiunte quelle di lavoro difficili da quantificare e per questo scarsamente considerate.

Non si può pensare di entrare in aula e di parlare a dei ragazzi nel 2021 senza avere una preparazione alle spalle. Per poter rendere interessante una lezione a studenti sempre più disinteressati alle materie scolastiche, bisogna prepararsi, studiare e inserire nell’insegnamento anche nuove metodologie, nonché utilizzare le più attuali tecnologie.

Oltre alla lezione, poi, bisogna preparare le verifiche, e correggerle. Ogni docente ha in media sei classi, circa 120 alunni, facendo almeno sei verifiche all’anno il docente può arrivare a correggere anche mille scritti.

Ci sono poi le attività collegiali, i collegi docenti, i colloqui con le famiglie e i consigli di classe nonché tutta una serie di incombenze burocratiche che ogni insegnante deve svolgere nell’ambito delle proprie competenze. Quanto alle ferie estive tutti sanno che le attività didattiche si protraggono con gli esami di maturità fino a luglio inoltrato e che poi il primo settembre cominciano effettivamente le attività per l’anno scolastico successivo.

Ma l’aspetto che voglio principalmente toccare è quello dello stipendio. Prendiamo ad esempio un insegnante di scuola superiore. Consideriamo che a causa della terribile situazione del reclutamento degli insegnanti con concorsi che vengono effettuati ogni cinque/sei anni, quasi tutti devono farsi un buon numero di anni di supplenza molto spesso a centinaia di chilometri di distanza da casa. Successivamente, dopo svariati anni di precariato, se hanno la fortuna di arrivare al sospirato ruolo costoro percepiranno somma netta di 1.480 euro al mese. E se avranno la fortuna di lavorare almeno altri 30 anni arriveranno a sfiorare la somma di 2.000 euro al mese. Oltretutto senza premi, bonus, buoni pasto.

Non sto qui a fare il confronto impietoso con gli altri Paesi della Ue ma se vogliamo dare un futuro a questo nostro strano Paese è necessaria una svolta anche in questo senso. L’insegnamento è una professione complessa, se un Paese non considera l’educazione come un fattore essenziale su cui costruire non solo il proprio livello culturale, ma anche la sua forza economica non è un Paese con un gran futuro.

E il futuro di questo Paese non può non passare dalle aule scolastiche, poiché è qui che si formerà la classe dirigente del futuro. Certamente il cambiamento deve esserci anche da parte dei giovani insegnanti che devono rimettere al centro la professionalità e ricordarsi sempre che devono essere educatori, competenti e preparati manifestando la volontà di collaborare e di rimettersi in gioco continuamente.

Mauro Marino, dalle vacanze in Sardegna

Immagine in evidenza: Robin Williams in una scena tratta dal film L'attimo fuggente (Dead Poets Society) , 1989, diretto da Peter Weir


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