Orologio molle

Delle prime volte si parla spesso, delle ultime meno

In questa vita frenetica, dove i tempi sono dettati dal lavoro e dagli impegni, dove la società dà valore solo a determinate cose, dove gli influencer ci consigliano cosa ci deve piacere, dove i genitori lavorano troppo per non far mancare nulla ai figli (ma alla fine sono proprio loro a mancargli), dove il tempo scorre inesorabile senza darci tempo, io che amo vivere controcorrente voglio parlare di una cosa a cui solitamente diamo poco peso.

Si parla sempre delle prime volte, del primo lavoro, del primo bacio, del primo amore, ma mai delle ultime volte.
Proprio su questo tema mi sono trovata a ragionare in un mondo afflitto da una pandemia, dalla crisi economica, da una politica sempre più schizofrenica: le ultime volte, gli ultimi baci, l’ultimo lavoro, ciò che è stato lasciato senza sapere fosse l’ultimo.

Proprio in merito a ciò ho voluto intervistare varie persone, le più diverse tra loro e farle ragionare sulle ultime volte, rubare loro un ricordo per far mettere in risalto l’importanza degli attimi, l’importanza del tempo.

«L’ultimo giorno di lavoro non sapevo in realtà che sarebbe stato realmente l’ultimo, mi accingevo alla maternità e secondo i miei piani ai 3 mesi del mio bimbo sarei dovuta tornare, poi l’azienda per la quale lavoravo ha chiuso, il mio bambino ha iniziato a richiedere tempo, e così non ho più ripreso a lavorare. Il giorno che sono andata via non ho guardato la mia scrivania, dove avevo passato 10 anni della mia vita, pensando che tutto sarebbe cambiato; non ho salutato colleghi, amici, pensando che da lì a poco la mia vita sarebbe stata quella di mamma a tempo pieno. Non mi pento di come sono andati gli eventi ma se l’avessi saputo mi sarei soffermata un secondo di più per imprimere quel ricordo nella mia mente» Marianna 40 anni, mamma a tempo pieno, ex segretaria amministrativa.

Delle volte il destino ha piani diversi dai nostri, delle volte diamo troppo per scontato ogni singolo momento, non solo in campo lavorativo ma anche in ambito familiare, la vita ci sembra indistruttibile, troppo forte per volare via improvvisamente.

«L’ultima volta che ho visto mia madre ero lì per portarle la spesa. Toccata e fuga, dovevo tornare al lavoro, non avevo tempo per stare a parlare, avevo fretta. Lei come sempre indossava un grembiule in vita, non ho notato cosa avesse sotto di esso, anche lei mi sembrava molto indaffarata, sicuramente nel fare cose che ai miei occhi erano meno importanti delle mie, uscendo dalla porta di casa sua mi disse: “Marco , fai attenzione, non correre”. Le risposi alzando la mano in segno di saluto. Quella notte è morta d’infarto: non sapevo sarebbe stata l’ultima volta, altrimenti mi sarei fermato, le avrei detto che le volevo bene, le avrei detto che il tempo passato con lei valeva più di mille lavori. Pensavo avrei avuto più tempo». Marco 56 anni, amministratore delegato.

"Pensavo di avere più tempo" è una delle frasi che ho più sentito in questa mia ricerca delle ultime volte, tutti che pensano che il tempo sia infinito e per questo danno poco valore agli attimi, ma c’è anche chi sa che il suo tempo non infinito.

«L’ultima volta che ho camminato stavo andando a prendere il pane, camminavo a passo sostenuto ma non troppo. Ho la sclerosi multipla, il passo non sarà mai tanto sostenuto, ma bastava per farmi fare ciò che serviva per essere indipendente, poi una fitta alla gamba e sono caduto a terra. La gamba si è intorpidita e cosi metà della mia schiena, mi hanno portato al centro sclerosi in urgenza, hanno detto che era una fase acuta della mia malattia, ma io sapevo che quella era la mia ultima camminata. Sono passati 5 anni e ora sono sulla sedia, ricordo però ancora come le mie gambe reggevano il passo per fare una cosa così banale per tutti. La mia ultima volta in piedi, un bel ricordo». Pierpaolo 44 anni, malato di sclerosi multipla.

Le ultime volte, quelle che non valutiamo mai, perché pensiamo che le prime siano le più importanti: vi hanno mai chiesto qual è l’ultimo bacio che hai dato? Scommetto di no, in molti vi avranno chiesto a che età avete dato il primo però.
Io penso sempre alle ultime volte, anche alle prime certo, ma le ultime sono quelle che più mi entrano nel cuore ne potrei raccontare tantissime. Voglio però restare aderente a questo periodo di pandemia, quindi racconterò l’ultima volta che la mia vita è stata normale, senza la paura del contagio, senza conoscere questo virus, senza sapere che di lì a poco il mondo sarebbe cambiato.

«Stavo andando a Cagliari con mio marito, una giornata normale, c’era il sole nonostante fosse ormai inverno inoltrato, eravamo in macchina e ci stavamo dirigendo in un ristorante cinese per farci una buona abbuffata di sushi. A un tratto Ivan mi chiese se fosse sicuro andare in un ristorante cinese, visto quanto stava succedendo in Cina. Io non avevo idea di cosa stesse accadendo in realtà, sarà perché mi tengo sempre ben lontana dalla Tv e dalle notizie che non riguardano l’Italia. Mi spiegò di questo nuovo "Corona virus" e io iniziai a ridere pensando quanto fosse stupido pensare che veramente quel virus avrebbe potuto cambiare le nostre vite». È stata l’ultima volta che siamo usciti a Cagliari senza mascherina (e senza paura) prima del Covid.

Ecco questo è un piccolo aneddoto, avrei tante ultime volte da raccontare ma questo mi sembrava abbastanza significativo per sottolineare quanto il futuro sia delle volte beffardo, di quanto la vita ci cambi i piani senza che ci se ne renda conto.

«Era una mattina d’estate, come tante. Ero solo un bambino, molto felice, nel pieno delle vacanze estive, eccitato all’idea che tra poco avrebbe passato il fine settimana in campeggio. Lei doveva andare al lavoro, sarebbe mancata qualche ora e poi saremo partiti tutti insieme. La salutai due volte, la seconda facendola tornare indietro, non era mai capitato ma il giorno mi sembrava dolce farlo. Nella mia mente l’immagine di lei che esce dal cancello è vivida, tremendamente luminosa, abbagliante per meglio dire. Non la vidi mai più, nemmeno nei miei sogni, nemmeno nella camera ardente, non vidi nemmeno la sua bara. Ho solo quell’immagine: mia madre che esce da quel cancello e si gira per sorridermi immersa tra i raggi di un sole accecante». Ivan, 31 anni.

È strano come quella che è una banale scena del quotidiano si trasformi in un ricordo, in un ultimo ricordo, la maggior parte delle volte triste ma dolce. Ma non tutte le ultime volte sono tristi, il fatto che sia l’ultima ci fa associare la perdita a questa esperienza. Potrei scrivere un romanzo su tutte le ultime volte che ho raccolto dalle persone che si sono prestate alle mie interviste, molte hanno raccontato la loro ultima chemio e quello era senza dubbio un ricordo meno triste.

Voglio concludere questo articolo con un’altra ultima volta: sarà che non siamo mai coscienti che sia l’ultima, ma delle volte, raramente, lo siamo e forse quelle sono le volte dove abbiamo il potere di fermare il tempo, di imprimere quell’attimo nella mente e lasciarlo lì, come una diapositiva da guardare quando se ne avverte bisogno.

«Sapevo che nonna era alla fine dei suoi giorni, era anziana ormai e di giorno in giorno peggiorava sempre di più. Non andavo mai a trovarla la domenica perché il giorno libero non cadeva mai al fine settimana, andavo sempre il martedì. Quella domenica però il destino mi ha voluto fare un regalo: una collega chiedeva un cambio turno e io, dopo anni di domeniche lavorative, mi sono ritrovata ad averne una libera. Ero indecisa se fare una passeggiata visto che fuori c’era un sole magnifico o se andare da nonna. La chiamai, mi disse di non preoccuparmi e di andare a fare una passeggiata, ma io non so come, se per un sesto senso o altro, mi trovai invece a farle visita a casa. Lei era seduta sulla poltrona e aveva un cornetto gelato in mano che lasciava sgocciolare anziché mangiarlo, il viso era stanco e così anche il corpo, ma era allegra come sempre. Non baciavo mai nonna, non sono una che si perde in coccole, ma quel giorno, prima di andare via, lo feci. Lei in sardo mi ha disse “torna quando vuoi”, io le sorrisi, sapevo che sarebbe stata l’ultima volta che la vedevo. Tre ore dopo mi chiamarono per dirmi che era morta, ma io non avevo rimpianti, avevo fermato il tempo, avevo la mia diapositiva, proprio li dove doveva stare: dritta sul cuore».

Fate buon uso del vostro tempo, non date mai per scontato nulla, e ricordate gli attimi felici ma anche quelli che non lo sono, non scordate che la cosa più preziosa che possediamo è il tempo che passiamo con un'altra persona: non c’è dono più grande del tempo, tutto il resto non conta.

Federica Vacca © Riproduzione riservata


Immagine principale:"Orologio molle al momento della prima esplosione" (Dalì)

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