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Senza domandare permesso entrò. Ma canto in rima non lo accolse e non scorò estro Gennaio.
«Che dicono di me gli uomini?»
«Hai giorni infiniti e terribili, rechi geloni e valanghe. Beato chi si salva!»

«E di me?» ebbe cura di non smelodiare Febbraio.
«Peggio ancora, fortuna che sei corto!»
«Dimmi di me!» si negò di sritmare Marzo.
«Al vero non saresti bello né brutto, ma non si sa mai come la pensi. Ora sole, ora pioggia. Oggi freddo, oggi caldo. Ma che hai in capo?»

E arrogantando perseverò a dire di tutti peste e corna, non salvandone di tutto l’anno neanche uno.

Comunque sia gli offersero da sfamare e da dormire, perché al rischiarare potesse pure lui ricevere in rima il sospirato omaggio.
«Se umile scopa ti pare, pure ingroppala al bisogno, per ordinare!»
Il maleducato se ne scappò via senza rendere saluto, in ruzzolata discesa verso il borgo e verso casa.
«Moglie mia, apri il baule!» urlò giungendo sul fiammeggiare di cielo.
«Ma se è stipato di provviste!» specificò lei, vociando nondimeno.
«Vuotalo e sfamaci le bestie, accidenti a te!»

Obbedì come è dovere di una buona moglie, ma stette al desco perplessa come è dovere della buona ragione.
«Preziosi in quantità!» ordinò lesto Raimondo, ingroppando la scopa.

L’avesse detto mai! Disarcionandolo che manco una cavalla indomita, se ne volò prima per aria e poi giù in botte da orbi, da lasciarlo srotolato per terra come un tappeto più morto che vivo.

«Scopaccia del demonio - strillò la donna, di contro afferrando la sega sul muro - ora ti arrangio io!»
Ma sul punto di affondarle sul collo i denti aguzzi come del cane pastore, curvando sinuosa quella mutò in una lunga serpe arrotolata, simile a una grande salsiccia. Ma poi intera si distese, a occupare in lento strisciare lo spazio rimasto vuoto della cassapanca.

«Non il baule - sibilò di umane parole - ma ogni botte e madia, ogni piatto e bicchiere, ogni sacca e tascone vuoteranno fino a farsi polvere i figli dei figli dei vostri figli, se il suo non riavrà Raffaele!»

E nuovamente srotolando come sgranchendosi, oltrepassò la soglia in un tempo che parve infinito e scomparve infine per i campi a distesa.

Lo giurano e spergiurano i vecchi di Sardara. Che in quel Natale, fratelli si rifecero gli anni secolari e smemorati di Raimondo e di Raffaele.

Fine

Ignazio Pepicelli Sanna © Riproduzione riservata
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