Sa Ramadura

 Arbus - Sant’Antonio, la Festa nella tradizione

Legate a eventi lontani nel tempo, ma ancora radicate nella memoria, Arbus condivide, come tanti altri centri della Sardegna un patrimonio di feste religiose. La festa di Sant’Antonio appartiene al repertorio delle oltre cento feste che impreziosiscono la vita delle comunità sarde da maggio a settembre, segno del profondo radicamento di questi eventi nei ritmi della vita agro-pastorale.

In passato, la festa interrompeva i lenti e, spesso, solitari, tempi del lavoro nelle campagne, per offrire occasioni di incontro, piene di vitalità e ricche di segni anche esteriori, in cui la comunità si mostrava in tutta la sua coesione e bellezza. Oggi, alcuni elementi di modernità, legati soprattutto all’avvento di nuovi mezzi tecnologici, si sono integrati in elementi tradizionali ancora diffusi e riconoscibili (come is traccas, nel corteo che segue il simulacro del Santo).

Rimane il forte richiamo all’appartenenza, che oggi si esprime con il ritorno in paese di numerosi emigrati proprio in occasione della festa. Non sempre è possibile stabilire un confine definito e riconoscibile tra ciò che è stato e ciò che si rinnova nel tempo: la tradizione manifesta la sua vitalità in uno scambio generazionale che tramanda saperi profondi, lasciando spazio a contributi di innovazione.

Una trama di passato e presente, il cui intreccio esprime la vitalità della tradizione stessa. In questo senso, la festa è espressa attraverso segni e simboli condivisi, che la definiscono e la racchiudono in elementi riconoscibili, difendendone il carattere identitario, come il patrimonio di canti devozionali, in lingua sarda e latina, risuonanti nelle Chiese e negli antichi bixiaus, trasmessi oralmente e, per questo, prezioso scrigno da proteggere e tutelare: is Goccius, is Pregadorias, il Rosario cantato interpretano e veicolano intense esperienze collettive di partecipazione.

In particolare, is Goccius, componimenti poetici cantati di origine catalana, descrivono, in forma strofica, la vita e i miracoli del Santo e hanno permesso di ricostruire le origini della festa, narrando i contenuti in modo accessibile anche ai più semplici, con una grande varietà di intonazioni e declinazioni linguistiche, assumendoli come simbolo identitario. Anche le melodie intonate ad Arbus sono fortemente marcate e differenziate rispetto agli altri centri del territorio.


Il canto accompagna e segna il passo dei fedeli nel lungo cammino di Sant’Antonio. E’ un percorso segnato da tappe significative quello che, dalla Chiesa Parrocchiale di San Sebastiano Martire di Arbus, conduce il simulacro del Santo fino a sa perda, collocata all’angolo del Cimitero, al valico collinare di Genn’e Frongia, il punto elevato del paese, al saluto e agli onori del paese di Guspini, alla sosta ristoratrice di metà percorso per rinfrancare lo spirito e rinnovare le energie. Fino all’arrivo, in tarda serata, a Santadi, a chiudere solennemente il primo giorno di festa.

Si prosegue la domenica, con le celebrazioni liturgiche, e il lunedì con la suggestiva processione intorno all’abitato di Santadi fino al punto che domina mare e terra e la benedizione dei raccolti e del bestiame. Il pellegrinaggio di rientro coinvolge l’intera giornata di martedì e ripercorre, in senso inverso, il percorso del sabato. Al termine della giornata, il simulacro viene accolto festosamente in paese e solennemente con la Benedizione eucaristica nella Chiesa di San Sebastiano Martire, dove è custodito durante l’anno.

I giorni di festa prevedono anche appuntamenti civili, secondo un programma che può variare di anno in anno. I 35 chilometri, percorsi in pellegrinaggio da numerosi fedeli al seguito del simulacro, riportano ai faticosi tragitti percorsi anticamente dai carri nel trasferimento di beni della terra, reso pericoloso dall’incursione dei Saraceni e per questo affidato alla protezione del Santo. Il corteo è preceduto dai gruppi folk e seguito dalle traccas, carri finemente addobbati e decorati con i tessuti più belli della famiglia, is fanigas, (che proteggevano dal sole il nucleo familiare), e gli arnesi da lavoro.

Nel trattenermi ad ascoltare un anziano del paese, alcuni anni fa, ne ho raccolto il ricordo d’infanzia; in particolare, faceva riferimento alla sentita partecipazione con i carri a buoi addobbati, tanto che «mentre il primo carro era già arrivato a Guspini, l’ultimo si trovava ancora ad Arbus».

Anche quest’anno, così particolare, la comunità, guidata dalla Parrocchia San Sebastiano e dal Comitato, si è ritrovata per onorare Sant’Antonio, per riscoprire, nei segni essenziali, la radice più profonda della sua festa e per ritrovare, (lui, invocato per le cose perdute), una nuova e serena normalità.

Anna Maria Dessì © Riproduzione riservata

Immagine in evidenza: Un particolare della "Ramadura" (foto Francesca Pusceddu)

Foto seguente: particolare della processione del 2017 (foto Fabrizio Vinci)

Processione 2017

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