Le tre sorelle

 

«Come hai osato, Brutzu?» disse di voce severa e dolce a un tempo.

Acquazzone non meno dell’altro, lui le pianse la sua pena.

Riapparve il sole negli occhi di lei, a discioglierne il ghiaccio. E in quella i tronchi segati rinsaldarono vigorosi. Meno uno.

«Quello ti è concesso di portarlo via, a tuo vanto fra gli uomini. Guardati però di rivelare ad alcuno quanto hai veduto. Non al padre né alla madre, neppure alla sposa che sta per giungere!»

«Non sei la Madonna bambina - azzardò Brutzu - che donna ti ammiro!»

«Io sono l’anima del bosco, di Lei messaggera!»

E detto questo, in nuovo roteare di vortice scomparve.

Ancora stordito ma trionfante del suo tronco sacro, il giovane fece ritorno al villaggio natio. Dove sul rinnovato sbattere di ciglia e di cuori zittirono, dello stesso incanto, mottetti e risolini.

La vita scorreva silenziosa e monotona a Villanovaforru, se tra un leccio e un altro perfino Bruztu non ci pensò più all’incontro con la messaggera di Santa Maria di Angiàrgia, al bosco sacro di Collìnas. Fino a quando, in una sera di settembre che profumava di mosto, suo padre lo chiamò del tono arrocato de s’abbisùngiu.

«Imòi imòi a Collìnas est arribàda genti allèna, de Continènti. Tòcas, fillu miu. Fàis su prexèi e segàddus unu pagu de lina po’ s’ièrru, chi pòrtanta dinài bellu in buciàca

Brutzu si mise in marcia svogliato, peggio di quella volta al bosco sacro. Ma come quella volta poi ne fu contento, che il padrone di casa non solo gli sembrò simpatico e gentile, ma aveva una figlia che lo era di più. Rosa si chiamava, e spalancava due occhi che veramente lo erano.

Profumato l’amore sbocciò rosa anch’esso, rosso passione, da colorarlo in sbocciare di altri fiori. Quelli d’arancio.

Facile da prevedersi. Rosa si rivelò moglie impeccabile, molto dal suocero vezzeggiata ma perfino - fatto raro sull’isola a quel tempo - dalle secolari insoddisfazioni di suocera. Tanto che la pianse sincera la loro tardissima dipartita, per quanto felice di potersi intera dedicare alle cure di consorte e figli. Nel lento sgranare al rosario del tempo si contarono in dieci.

I bambini crescevano sani e sazi, senza che malanno alcuno o disgrazia si azzardasse a turbare la quiete della numerosa famiglia. Soltanto la lama di Brutzu principiava col tempo a non affondare il leccio comènti sa lepa in s’arrescòtu, in una malcelata tristezza che faceva sorridere la moglie.

«Perfino nel brizzolare di ciocche - gli sussurrava sul carezzare di capelli - i miei occhi seguitano e scorgere il ragazzone aitante che eri!» Lui se ne commuoveva, di suo carezzandola in viso con infinita dolcezza. Ma neppure poteva evitarsela, la verità.

«Ita dimòniu - rimuginava - deu imbèciu e issa de is fìllus pàrrit sa sorri

Ancora anni si spensero come candeline sulla torta della vita, Brutzu più canuto e lei rosa inappassita. Quando in una cupa sera d’inverno scrosciò e tuonò arrabiàu il temporale, mentre de còntus i genitori intrattenevano prole e noia davanti al focolare, attendendo notte. Brutzu non poté fare a meno di rabbrividirne, ricordando quello improvviso altrettanto tanti anni prima al bosco sacro di Santa Maria di Angiàrgia. A Collìnas.

Lei se ne accorse.

«Avvicinati al fuoco!» gli disse della solita tenerezza.

«Non sento freddo!» sgarbò invece lui.

Lei imbiancò pallore.

Lui se ne accorse.


Fine secondo episodio

Ignazio Pepicelli Sanna © Riproduzione riservata

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

← Torna all'elenco degli episodi

FacebookFollowersYoutube white Instagram white Twitter

 

 

WhatsApp

Speciale 25 aprile

Un elenco di proposte e di appuntamenti per il 79° Anniversario della Festa della Liberazione dal nazifascismo

Festa Liberazione

Appuntamenti di cultura, incontro, socialità

Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
1
2
4
16
17
18
24
26
29
30

Medio Campidano in breve