Serramanna - Sardegna - Brano denuncia contro lo sfruttamento dell’isola
La Sardegna, meta ambita per migliaia di turisti, con spiagge e mare da sogno, un entroterra tutto da visitare, dove gastronomia e divertimento la fanno da padrone: ma non è tutto oro quello che luccica. Nella nostra isola ultimamente è in atto, da parte di multinazionali, una speculazione energetica e un assalto al territorio e al paesaggio. E non sono le uniche problematiche ad attanagliare la nostra terra.
Lo sanno bene i sardissimi Train to Roots, una delle più importanti band della scena reggae italiana e europea. Il loro ultimo singolo Sardinia, rigorosamente in lingua sarda, trascinato da una coinvolgente base ska, con suoni vintage e campionamenti di cori sardi, racconta in maniera quasi ironica lo sfruttamento annoso dell’isola.
«L’idea del brano - ha raccontato il frontman del gruppo, il serrammannese, già ambasciatore della musica reggae in Sardegna, Simone Pireddu Bujumannu - è nata anche per il clima ostile che si sta respirando in questi mesi nella nostra isola, già sfruttata, martoriata e maltrattata. È un assalto assurdo e senza logica, quello energetico attuale, la nostra terra ha già dato anche troppo in passato. È ora di dire basta».
Nel brano, si esercita una denuncia sociale dove si invitano i turisti, ma anche tutti gli ascoltatori, a visitare tutti quei luoghi dove lo sfruttamento del territorio, del paesaggio ma anche della manodopera locale. Come nel caso delle miniere e palazzine abbandonate del Sulcis-Iglesiente, che hanno lasciato tracce indelebili sulla fisionomia paesaggistica e soprattutto nella vita dei sardi. Luoghi come Quirra dove da 70 anni insistono le esercitazioni militari, Teulada e le bombe inesplose nei fondali marini, le fabbriche di bombe a Domusnovas e quelle inquinanti di Ottana e Sarrock, le cave abbandonate dopo la corsa all’oro di Furtei. Solo per citarne alcuni.
«Dobbiamo lottare e opporci per fermare l’ennesimo attacco alla nostra terra, vogliono farlo passare come una giusta causa per il futuro. Ma il futuro di chi? Di sicuro non per preservare le nostre bellezze, la nostra storia millenaria e la nostra unicità» spiega il vocalist del gruppo.
I Train to Roots, Simone Pireddu Bujumannu, voce, Antonio Leardi Papa’ Nto, tastiere, Stefano Manai Stiv Man I, chitarra, Giampaolo Bolelli Jambo, basso/voce, Tommaso Gieri Pol Drummer, batteria, vantano già vent’anni di attività e hanno conquistato il pubblico in centinaia di concerti in giro per mezza Europa.
Nei loro album un mix di stili e di lingue, sfumature musicali diverse, testi divertenti ma anche impegnati e collaborazioni importanti come Eugenio Finardi, Levante, Bunna, leader degli Africa Unite, e Clementino.
Attualmente sono impegnati nel nuovo tour e stanno lavorando al nuovo album, in collaborazione con la Roble Factory e con la storica etichetta discografica Phonotype Records di Napoli, erede della più vecchia azienda d’Italia per la fabbricazione di dischi.
Stefano Cruccas (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) © Riproduzione riservata