Is Pingiadas

 Pabillonis - La storia di Is pingiadas, tornate al loro originale splendore

Risplendono nuovamente in tutta la loro maestosa bellezza le monumentali pentole di Pabillonis, grazie al lavoro degli operai comunali e di un artista locale, tziu Giovanni Floris.

Il simbolo del paese delle pentole è stato riportato al suo splendore grazie al recente restauro e alla tinteggiatura . Sa pingiada, su tianu e s’ariglia, i tre manufatti che costituiscono l’opera, sono le testimonianze del passato di Pabillonis, conosciuto fin dall’antichità con l’appellativo di Sa bidda de is pingiadas.

Questa notorietà era dovuta alla produzione di manufatti in terracotta che poi i commercianti vendevano in tutti i paesi dell’isola. La nascita di questa attività ha sicuramente radici molto antiche, ma purtroppo solo dal 1800 si hanno testimonianze documentate; nei primi decenni del secolo il numero di artigiani che lavoravano l’argilla era di 20 unità, più tutti gli operai dell’indotto.

Negli anni della seconda guerra mondiale ci fu il periodo più fiorente di questa attività, in quegli anni solo gli artigiani di Pabillonis riuscivano ad esaudire le richieste di stoviglie e manufatti di tanti paesi sardi. Principalmente erano le donne le addette alla vendita, esse portavano con se al massimo tre serie di pentole.

Andavano a piedi nei paesi limitrofi, partendo a notte fonda e vendevano i manufatti porta a porta. La bravura dei pentolai e la meticolosa maestria nella composizione dell’argilla rendevano il prodotto finale unico nel suo genere.

Dopo l’estrazione dell’argilla, prelevata nelle cave di determinate zone del paese tra cui Dom’e campu, avveniva il passaggio della miscelazione con altri due tipi di terra: sa terra de orbezu che veniva messa in ammollo un giorno prima e sa terra de pistai che veniva pestata con una mazza fino ad ottenere una finissima polvere. Il passaggio successivo era la lavorazione al tornio, sopra il quale si potevano lavorare fino a 20 chili di argilla per volta.


Nell’arco dell’intera giornata un artigiano riusciva a dare vita a 160 pezzi. Amonai e cundrexi erano gli ultimi passaggi prima della cottura, rispettivamente: battere il fondo della pentola dopo che l’acqua evaporava, attaccare i manici (torniti a parte) e girare i bordi.

La prima cottura al forno durava un giorno intero, successivamente dopo aver lucidato le pentole si versava sopra un composto di minio e silice, avveniva così la smaltatura. I manufatti venivano quindi infornati per la seconda volta, l’ultima cottura durava due giorni.

Nel 1985 l’amministrazione comunale dell'epoca incaricò uno scultore di Serramanna, Antonio Ledda, di realizzare un monumento all’artigianato che riportasse alla memoria la storia del paese. Nacque così il monumento che più rappresenta il paese, le pentole. Le gesta e l’epica storia dei pentolai, donne e uomini, rende ancora oggi orgogliosi e fieri tutti i pabillonesi.

Leggi anche: "“Sa bidda de is pingiadas”, tra passato e futuro"

Stefano Cruccas (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) © Riproduzione riservata

Immagine in evidenza: il monumento restaurato.

Immagini sottostanti: Giovanni Floris al lavoro e uno scatto del 1985, durante la collocazione del monumento

 

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