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 Villacidro  Crolli diffusi e necessità di recupero del patrimonio immobiliare storico

Case e muri che vengono giù come birilli. Una in via Cagliari, la scorsa settimana, ieri un'altra in via Iglesias. Oggi altri muri (via Nazionale, via Todde, via Deffenu, via Bari).

Ogni volta che piove in maniera consistente e duratura succede che a Villacidro (ma non solo, purtroppo) qualche muro o addirittura intere case in ladiri collassano e franano. Come castelli di carta. Si sa, è l'acqua una delle maggiori cause di degrado delle costruzioni in terra cruda, sia quella piovana sia quella risalente dal terreno nelle murature.

Spesso sono pezzi di storia che se ne vanno, per qualcuno invece finalmente una liberazione. Il pensiero più comune è «meno male che nessuno ci ha lasciato le penne». Condivisibile, almeno fino a quando nessuno ce le lascerà.

Spenti i lampeggianti dei vigili del fuoco, e con essi le cronache dell'ultim'ora a mostrare le foto delle rovine, resta qualche interrogativo da porsi. Perché non vengono eseguite le manutenzioni? Perché tante case abbandonate al loro destino? E i controlli? Possibile che nessuno veda nulla per tempo?

Il problema è complesso e in quanto tale non può avere risposte semplici. Spesso ogni caso fa a sé, con storie familiari o di successioni ereditarie complicate da sbrogliare, che ne dettano le condizioni. Molti tra i proprietari di questi ruderi sono oggettivamente nelle condizioni di non potersi permettere i costi di manutenzione, sempre più alti, di pari passo con l'età dell'immobile. Poi c'è pure chi se ne approfitta, sperando che un crollo e un intervento esterno d'urgenza gli tolga le castagne dal fuoco.

Certo è curioso che in un paese dove le infiltrazioni hanno causato la chiusura della Casa dell'anziano, con conseguente diaspora degli ex ospiti, si conviva con la minaccia costante costituita dalla presenza di queste decadenti vestigia edilizie. E nel frattempo le nuove costruzioni vengono realizzate in zone dove non c'erano case, con conseguente consumo di suolo.

Perché invece di sottrarre ad altri usi superfici non edificate non si promuove un serio piano di recupero dei patrimoni immobiliari esistenti? Proprio oggi il Piano casa in discussione in Consiglio regionale ha incassato il via libera per allargare le maglie delle costruzioni in zone agricole: non sarebbe più utile e lungimirante pianificare con aiuti mirati e controlli preventivi, una massiccia operazione di recupero dei centri storici?

Servono investimenti, facilitazioni per la presentazione dei progetti, incentivi che rendano davvero competitiva la scelta di restaurare e riqualificare l’esistente, destinato altrimenti a crollare sotto i nostri occhi. E quando proprio non è possibile restaurare, si faciliti la possibilità di edificare da zero, nello stesso posto del vecchio immobile e rispettando i canoni estetici.

Un recupero serio e agevolato delle vecchie abitazioni, oltre a corroborare il settore edile e l'indotto che questo innesca, aiuterebbe i centri storici, che potrebbero riprendere a pulsare di vita, con negozi e servizi che tornerebbero ad aprire proprio dove oggi si assiste alla loro moria.


Marco Cazzaniga (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) © Riproduzione riservata


Immagine in evidenza: la casa crollata in via Iglesias

Nelle immagini seguenti: i crolli in via Nazionale e in via Deffenu

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